Menabò n.9 di ottobre 2021 – invito alla lettura a cura di Stefania Onidi

¡u! di Giancarmine Fiume, è un libro d’esordio che, come ha evidenziato Michelangelo Zizzi nella prefazione, si presenta più come poema unitario che come una raccolta di poesie. È costruito secondo un’architettura precisa che si snoda in due sezioni: In descensus inferis e Chiara luce. Sono titoli che suggeriscono immediatamente un percorso complesso sia dal punto di vista personale che poetico, che si compie su due livelli opposti ma complementari: discesa e risalita, ombra e luce, sia in senso proprio che simbolico: “Alle otto e mezza antimeridiane c’è l’esilio sulla strada / di luminarie spente” … “Nel fango rinserro i miei occhi e finalmente ti vedo luce”. Attraverso il racconto di una quotidianità di lavoro (discendere in tombini semisotterranei e leggere i contatori dell’acqua a livello del piano stradale), l’autore ci conduce al tema centrale della raccolta, ovvero l’amore: “Dai sotterranei sommersi / si levano crisalidi di fuoco / come vestali nei lumini / delle lattine vuote di birra. / Inizia la messa / e dalle nebbie della tua caverna / affiorano, ferruginosi, i sospiri / di una crescente litania…”. L’amore per una donna, la Sibilla Pavese, luce e buio essa stessa, femmina madre ossessione alla quale si rivolge con versi intrisi di sensualità: “È pensiero che cola, che incolla le palpebre / il nudo desiderio che per te nutro / carne che palpita, gemere del tempo. / È brivido cromatico del firmamento”… “Abitare nelle tue gambe / scivolare nelle correnti / nella penombra di sguardi / latenti. / Tu, scalza, danzi all’ora di punta…”. L’amore lacerante, esperienza carnale e sacra insieme: “Eccoti ancora in puntuale divenire / nelle occhiaie struccate e tacco dodici / sulla tovaglia di plastica / dissipare lo sciabordio delle ore / contro il mio sterno incrinato / mentre ti lecco le rughe all’addiaccio / del tuo selvatico transitare / da un altare in ghisa diametro settanta / e dalle bocche di lupo arrugginite / c’investe l’onda d’urto pericardiale” … “Seguimi, oltre le palpebre / così, spoglia di gravità”. L’amore vertigine e ricerca, vero motore dell’agire umano, “l’unica malattia che ci guarisce”, che fa emettere quel grido antico di dolore e stupore innanzi alla vita: ¡u! 

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